Perché le persone sono eccitate da alcune cose piuttosto che da altre?
Caratteristiche attribuite al partner, ruoli, posizioni, preferenze sessuali e pornografiche; perché una persona vuole essere dominata e un’altra dominare? Essere visti, scoperti o spiare, queste ed altre infinite forme assumono le fantasie sessuali. Facciamo l’ipotesi che proprio le fantasie sessuali, al pari dei sogni, rappresentino simbolicamente ciò che Freud chiamava via regia verso l’inconscio e che questo non risieda nella mente individuale delle persone ma nella relazione che intercorre tra le persone e i loro contesti. Potremmo forse pensare che le camere da letto non siano solo luoghi di incontro tra individui attratti reciprocamente, ma spazi pubblici affollati di istanze, incontri e scontri culturali. La sessualità diventa così una mappa emozionale, politica e sociale che ci orienta nella conoscenza di noi e del contesto.
C’è ancora reticenza nel parlare della sessualità, sia dentro che fuori gli studi di psicoterapia. Appare come argomento imbarazzante, fin troppo intimo. Alcune settimane fa una persona con cui lavoro da non molto e che ha una lunga esperienza di lavori analitici mi ha detto: “Veramente gliene posso parlare? Non l’ho mai fatto”. Se ne può parlare. Veramente. Per me parlarne veramente vuol dire trattare le fantasie sessuali come simboli; non come descrizione di desideri che vorremmo si trasformassero in realtà, ma come rappresentazione emozionale di ciò che ci consente di accedere all’eccitazione.
Pensiamo alle perversioni. Nel linguaggio comune la perversione ha una connotazione negativa e rimanda ad una devianza da un presunto parametro di normatività. Questa rappresentazione probabilmente intesse relazioni con quel cattolicesimo giudicante e sessuofobico che fa della sessualità genitale e riproduttiva l’unica via, ma non solo; anche la psicoanalisi, che del conformismo è stata a lungo ancella, ha trattato le perversioni come testimonianza di una qualche immaturità sessuale.
L’idea che la deviazione dalla norma corrisponda a patologia è un grande fraintendimento culturale. Il concetto di normatività cui si fa riferimento implicitamente è di tipo statistico: in altri termini definiamo normale ciò che è più frequente (la famosa pancia della curva di Gauss) e questo spiega perché i parametri di normatività cambino nel tempo. Un altro processo di costruzione del parametro normativo è quello di assumere l’elemento con più potere culturale a riferimento: ne è un esempio il maschile sovraesteso della lingua italiana o la patologizzazione dell’omosessualità fino al 1990. Dunque, se trattiamo la norma come prodotto culturale, la deviazione da essa cessa di essere patologica e può essere, al pari della prima, oggetto da conoscere e non da curare.
Questo è un breve estratto dell’articolo pubblicato sul sito web Festival Psicologia.