due persone su un calcinculo, in controluce, si cercano con le mani

Amarsi male

È Marzo e Andrea si domanda se è opportuno fare gli auguri al suo ex. Mi guarda con occhi spalancati, immobile. Ricambio lo sguardo con altrettanta urgenza. Non capisco, di che auguri parla?  

Mi appassionano sempre le vicende legate agli auguri nelle relazioni che finiscono. Segnano il ritmo della danza della separazione.

Ci sono auguri di compleanno, di laurea, di Natale e Anno Nuovo. Ogni occasione può essere trasformata in ricorrenza rispetto alla quale le buone maniere impongono di farsi vivi.  

Ma fare o non fare gli auguri è una posizione politica da assumere circa la fine di una storia d’amore. Entrambe le scelte avranno un significato per l’altro e per sé, per il presente e per il futuro. Decidendo di fare gli auguri, si apre un’altra questione, un varco verso l’infinito del come fare gli auguri. È abbastanza chiaro all’augurante che il messaggio non risiederà solo nel contenuto esplicito, ma nella relazione che questo intesserà con il modo in cui verrà veicolato all’augurato. Così, inizia una lunga e dettagliata progettazione. Chiamo o non chiamo? Uso WhatsApp o Instagram? Con o senza emoticon? Scrivo “Auguri” e basta. Ma lo metto il punto?

Attraverso gli auguri si gioca una delle partite importanti nel processo di separazione. Siamo goffi e ci muoviamo a tentoni. Sembriamo procedere per prove ed errori, dichiarando così di essere del tutto sprovvisti di un apparato concettuale e/o emozionale che ci supporti in questo processo. Alcuni antropologi dicono che la nostra società circa l’amore non prevede riti collettivi di uscita. Sembra diverso per l’avvio di un rapporto, dove il flirt, il corteggiamento, oggi il match delle dating app, offrono repertori narrativi cui ancorarsi.

Quante volte capita di domandare o sentir domandare: “Perché si sono lasciati?”.


Questo è un breve estratto dell’articolo pubblicato sul sito web Festival Psicologia.


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